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Sat, 08/22/2020 - 09:50

“La parte più sorprendente del teatro è vedere il cambiamento nei miei allievi, percepire qualcosa che già risiede in loro, ma che magari è nascosto o bloccato. Con la recitazione ogni piccola trasformazione viene allo scoperto, diventa consistente, reale... prima sul palcoscenico e poi anche nella loro quotidianità”.

Queste le parole di Enza De Rose, attrice del Teatro Stabile La Contrada di Trieste, ma anche curatrice di stagioni teatrali dedicate ai più giovani e soprattutto insegnante del corso di recitazione per ragazzi dai 10 ai 14 anni ad ArteffettoDanza.

Dopo il diploma all’Accademia Teatrale “Città di Trieste” diretta da Francesco Macedonio e Antonio Salines, Enza ha recitato per diverse produzioni de La Contrada dove, dal 2013, è anche Responsabile del Settore Infanzia e Gioventù. Da parecchi anni organizza laboratori teatrali dedicati a tutte le fasce d’età, con un occhio di riguardo per i bambini che – sottolinea Enza – “sono le donne e gli uomini di domani, sono il nostro futuro”.
Ad Arteffetto Enza ha incontrato anche ragazzi che avevano già conoscenze pregresse di danza e ne è nato un connubio unico in termini di potenzialità espressive ed emotive.

 

  • Enza, che cosa ti ha spinto a diventare insegnante?
    Un po’ come accaduto in ogni ambito della mia storia con il teatro, sono approdata all’insegnamento in maniera inattesa e non premeditata. Circa sette anni fa, quando già mi occupavo della gestione del Settore Infanzia e Gioventù de La Contrada, mi è stato proposto di organizzare un laboratorio teatrale per bambini dai 5 ai 12 anni. È andato molto bene, i ragazzi erano felici, si sentivano meno timidi, più sicuri anche nell’esposizione a scuola ad esempio.
    Da lì ho proseguito con varie esperienze in ambito teatrale e formativo e quattro anni fa sono approdata ad Arteffetto. L’approcio teatrale ti fa crescere come persona; se devi affrontare un pubblico utilizzando la parola, oltre che la gestualità, ti metti molto in gioco e scopri dei lati anche nascosti che ti servono per rendere veri i personaggi che interpreti.
    Di questo lavoro amo lo studio introspettivo che si fa con gli allievi, ma mi interessa molto anche il lato pedagogico perchè vedo dei cambiamenti in loro, lezione dopo lezione.
     
  • Che ricordo hai delle tue prime lezioni da allieva?
    Mi ricordo che mi facevano stare bene, potevo liberarmi, era il mio rifugio. Ho iniziato verso i 17 anni, un po’ per volere del destino, e da allora non ho più lasciato il teatro.
     
  • Come sono state invece le tua prime lezioni da maestra?
    All’inizio mi concentravo molto sulla parte propedeutica, su come muovere il corpo in scena, sull’uso della voce o su esercizi per sloccare le emozioni, perchè se si recita bene ma non si fa trapelare nulla, al pubblico non arriverà nulla.
    Con l’andare del tempo, soprattutto con gli adolescenti, ho arricchito le mie lezioni anche con spunti di teatro-terapia. Ora ho un approccio sicuramente più ricco, più completo e attento alle esigenze dei singoli ragazzi.
     
  • Anche i maestri possono imparare qualcosa dai propri allievi, sei d’accordo?
    Sono assolutamente d’accordo. Da quando insegno sono migliorata anche come attrice. Insegnando ti focalizzi su concetti teorici e pratici a cui prima prestavi meno attenzione; vedendo gli errori degli allievi o correggendo certe attitudini, impari meglio anche tu. Il fatto poi di spiegare le stesse cose in tanti modi diversi, a seconda di chi ti trovi di fronte, è un grande arricchimento per entrambe la parti. E quando crescono i tuoi allievi, tu cresci con loro.
     
  • Ci racconti qualche aneddoto particolare della tua esperienza sul palcoscenico?
    I ricordi più belli che ho sono con il regista Francesco Macedonio, lavoravamo fino alle 3 di notte. Sembrava succhiasse l’energia dal palcoscenico, non era mai stanco.
    Ho avuto poi l’opportunità di avvicinarmi al musical in modo divertente e costruttivo con Davide Calabrese. Ricordo che nel 2016 ho preso parte alla commedia musicale “Pronto, mama?” e, prima di andare in scena, facevamo anche training fisico con Alberta Izzo: c’erano persone di età e background totalmente differenti, ognuno dei quali si approcciava al movimento a modo proprio, un bel mix! Poi le tournè sono bellissime perchè con i colleghi ci si conosce più a fondo, si diventa quasi fratelli.
     
  • Che consiglio daresti a chi vuole tentare di diventare attore/attrice?
    Incoraggerei questo tipo di percorso, ovviamente con le dovute cautele. Spronerei in ogni caso a tirare fuori il meglio da se stessi. E poi spingerei ad affrontare un piano di studio serio e dedicato per capire se il teatro è davvero ciò a cui vogliono dedicarsi nella vita.
     
  • Qual è la cosa che ti è mancata di più del tuo lavoro durante il lockdown?
    Il contatto. Lavorare sui personaggi, sulle improvvisazioni. Abbiamo lavorato online sulla parola, sulla dizione, su come recitare davanti ad uno smartphone ad esempio, ma chiaramente non ci sono tutte le sfumature della vita reale, di una vera lezione.
     
  • Che progetti hai per il futuro e che consiglio ti senti di dare agli allievi di ArteffettoDanza?
    Continuare ad esprimersi attraverso il teatro. Il teatro si basa anche sul contatto, ma dovremo ancora prestare attenzione a tutte le misure di sicurezza previste.
    Si può sfruttare però questo momento per fare del “no contact” un aspetto interessante e peculiare a livello artistico, con movimenti a distanza, a specchio... Può essere anzi per noi insegnanti un modo per sviluppare di più la nostra creatività. Sul lato artistico sono pronta a nuove sfide e non vedo l’ora di ripartire assieme ai miei allievi.

 

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