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Dom, 06/07/2020 - 18:40

Danza come espressione cerebrale oltre che corporea, danza come filosofia, danza che deriva dalla musica.
Giulia Cechet, una laurea in filosofia, una passione per il pianoforte e il desiderio di studiare danza in lei fin da piccolissima, trasmette un’immagine dell’arte coreutica sicuramente ricca, personale e piena di sfaccettature.

Giulia, insegnante dei corsi di modern jazz di  diverse età e  livelli, ma anche del primo corso regolare di danza classica e di sbarra a terra, ha fatto del suo bagaglio formativo composito il proprio punto di forza per creare lezioni sempre stimolanti e piacevoli, con l’obiettivo di far capire e amare la danza a più persone possibile.

“Nonostante sia una materia fisica, penso di avere un approccio molto cerebrale alla danza – racconta Giulia – del resto è un’arte che contiene tanta “testa” e mi piace stimolare questa parte della persona. Che un allievo di qualsiasi età riesca a riprodurre una sequenza non solo perchè la copia, ma perchè ha capito il meccanismo che c’è dietro, mi dà molta soddisfazione”.

Convinta poi che sia bello infondere anche un po’ di cultura musicale, Giulia cerca di coltivare sempre anche l’orecchio, perché “è dalla musica che la danza trae ispirazione”. E del resto tutte le sue passioni collaterali – la filosofia, la scrittura, la lettura e la musica stessa – sono aspetti che "vanno oltre la danza, arricchendo il semplice messaggio di esecuzione pura di un esercizio, dandogli più intensità e valore, facendolo diventare Danza in un modo ancora più completo”.

 

  • Che cosa ti ha spinto a diventare insegnante?
    Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto concretizzare lo studio della danza a cui mi sono dedicata fin da piccola, trovare uno sbocco dedicato alla teoria che avevo assimilato e messo in pratica negli anni. Quando Corrado, che mi aveva seguito come insegnante per molti anni, mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto insegnare ad Arteffetto ero davvero contenta, era come se mi avesse letto nel pensiero, per cui ho colto subito questa bella opportunità.
     
  • Che ricordo hai delle tue prime lezioni da allieva?
    Ero strafelice perchè da piccola facevo ginnastica artistica ma in realtà da sempre il mio desiderio era di andare a lezione di danza, piangevo e continuavo ad insistere con mia mamma perchè mi ci portasse, ma ero ancora troppo piccola. Nella sala vicino a dove facevo ginnastica vedevo delle ragazzine che studiavano danza e le guardavo sempre incantata. Finalmente dai 4 anni ho potuto realizzare questo desiderio con la mia prima maestra Maria Luisa Turinetti. Negli anni, poi, allo studio del classico che ho studiato con Corrado, ho affiancato lezioni di modern jazz dai 15 anni in poi, oltre al repertorio classico e del musical, alla danza di carattere e al contemporaneo. Diciamo che quando ho cominciato a fare danza mi sentivo finalmente “nel mio”.

 

  • Come sono state invece le tua prime lezioni da maestra?
    Avevo sempre un po’  paura di non piacere alle ragazze o ai bambini, di non riuscire a farmi obbedire e rispettare, di non riuscire a farmi capire, insomma di non essere all’altezza del compito. In realtà, non so se sono stata fortunata ad aver trovato allievi molto comprensivi e rispettosi, ma devo dire che hanno sempre reagito tutti bene, sia all’inizio che con il passare del tempo. Nel corso degli anni tra l’altro mi sono dovuta interfacciare con tutte le fasce d’età e ogni lezione, ogni gruppo, ogni persona è un micromondo a sé: un adulto reagisce molto diversamente da un bambino di 4 anni, è un continuo mettersi in gioco, sempre con un minimo di timore iniziale.
     
  • Ci racconti qualche aneddoto particolare della tua esperienza sul palcoscenico?
    Potrei raccontare una lunga serie di incubi che puntualmente precedono tutti gli appuntamenti importanti... spesso sogno di non riuscrire a entrare in scena in tempo, che non ho i costumi di scena oppure che l’accesso al palco è bloccato: sono i miei famosi “incubi da palcoscenico”... Parlando di episodi accaduti nella vita reale, invece, ne ho uno molto divertente legato a una delle repliche de “La Traviata”, produzione andata in scena al Teatro Verdi di Trieste nel 2014, dove ho avuto l’opportunità di far parte del corpo di ballo. Ricordo che a un certo punto dovevamo bloccarci in un freeze che lasciava il posto al canto dei protagonisti, io e il mio partner eravamo abbracciati e a lui è venuto un attacco di tosse. Non potendo far rumore, faceva strane espressioni per soffocare la tosse e io stavo morendo dal ridere... abbiamo risolto voltando la testa verso il fondale... quando è ricominciata la musica lui ha cominciato a ballare tossendo...
     
  • Anche i maestri possono imparare qualcosa dai propri allievi, ti è mai capitato?
    Da quando insegno ho imparato a fare meglio tante cose, anche nel mio modo di danzare, è un aspetto che deriva dallo scambio continuo con loro. Per spiegare una cosa a un'altra persona la devi scomporre, così gli stessi passi che avevo eseguito centinaia di volte, li ho dovuti analizzare e scandagliare in ogni minimo dettaglio. Poi li ho visti fare da loro e sono migliorata anch’io nel mio modo di approcciarmi alla danza. Mi hanno insegnato a cercare di farmi capire in tutti i modi possibili e immaginabili, a vedere un singolo elemento da tanti lati per riuscire a farlo arrivare a tutti, perché ognuno recepisce le cose in modo diverso. Mi hanno aperto la mente.
     
  • Che consiglio daresti a chi vuole tentare di diventare ballerino/a?
    Lo incoraggerei, direi di provare ad assecondare questo desiderio, di provare qualunque strada, opportunità, per trovare l’ambito in cui poter dare il meglio di sé. Bisogna partire da qualche parte, quindi qualunque sia la chance che ci si trova davanti direi di cominciare a coglierla. Riuscire a trasformare una passione in un lavoro è bellissimo, per cui almeno un tentativo va fatto, se è per cercare una propria realizzazione. Quando ho scelto di studiare filosofia, ad esempio, sono stata contenta che nessuno mi abbia ostacolata perché anche se è una strada particolare e che magari non porta facilmente al successo, mi ha resa felice.
     
  • Qual è la cosa che ti è mancata di più del tuo lavoro in questo periodo di chiusura forzata?
    Il rendermi utile nei confronti degli allievi. Svolgiamo un lavoro che dà felicità alle persone, quindi non poterlo fare mi dispiaceva. E poi ovviamente mi è mancato lo scambio reale con le tante persone che vedo ogni giorno. Inoltre avevo già cominciato a pensare al saggio, lavorando su qualche coreografia con alcuni corsi e avevo tante idee che purtroppo quest’anno non ho potuto mettere in pratica, ma recuperemo in futuro.
     
  • C’è qualcosa a cui ti sei dedicata nel periodo del lockdown e che credi continuerai a fare in futuro?
    Mi sono dedicata alla scrittura, un’attività che, insieme alla lettura, mi appassiona da sempre, ma con i ritmi “normali” non ho molto tempo da dedicarle. Durante il lockdown ho proseguito online le lezioni di un master che sto seguendo e, anche grazie a questo percorso, ho avuto l’opportunità di mettermi più in gioco con la scrittura e proverò a continuare anche in futuro.
     
  • Che progetti hai ora che siamo tornati finalmente a scuola e che consiglio ti senti di dare agli allievi di ArteffettoDanza?
    Sono stata molto felice di tornare, di rivedere tutti e anche di essere riuscita a fare due piccole prove in vista del VideoSaggio. Sono stati veramente tutti bravissimi a imparare e a curare le coreografie da soli, ma è certo che il lavoro che si fa in sala ha tutto un altro sapore, se non altro per lo scambio e la compagnia! Anche per me è stata una sfida dovermi spiegare attraverso video e messaggini. Ora mi piacerebbe sviluppare quelle idee che erano rimaste bloccate e, visto che stiamo portando avanti delle lezioni con corsi misti, sto cogliendo la sfida di gestire anche persone che sono a livelli diversi, così che nessuno si annoi o si senta inadeguato. Il consiglio agli allievi è che, superato lo straniamento iniziale, non le prendano come lezioni fini a se stesse. Anzi, proprio perché siamo stati interrotti, che se le godano alla grande. Come sempre, cercherò di dar loro il meglio che posso dare.

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