Ultima modifica: 
Sab, 07/18/2020 - 20:18

Nata a Trieste, appassionata di danza da sempre, si avvicina prima al mondo dei balli latino-americani e solo più tardi, a 17 anni, scopre la danza classica e se ne innamora. Marta Keller, che ora si sta formando all’Institute of the Arts Barcelona, con sede a Sitges, arriva ad ArteffettoDanza a circa 20 anni con due desideri: dedicarsi allo studio della danza in maniera più seria e strutturata e avvicinarsi alla tecnica contemporanea.

“Ad Arteffetto ho imparato molto in poco tempo, – racconta Marta – ogni insegnante mi ha trasmesso parte della propria individualità, mi ha fornito semi da far fruttare nel tempo”. Se c’è una cosa che possiamo imparare da Marta è che non esiste un unico canonico percorso per raggiungere degli obiettivi di vita e che uno dei lati più importanti per essere un artista e per migliorarsi sempre è saper cogliere spunti dalle cose più diverse, anche quelle che all’inizio ci sembrano inarrivabili o molto lontane da noi, e di trasformarle in ciò che è utile per il nostro percorso.

 

  • Marta, che cos’è per te la Danza in una parola?
    Coinvolgimento.
     
  • Quando ti sei innamorata dell’arte coreutica e in che momento hai capito che vorresti diventasse il tuo lavoro?
    Sono sempre stata innamorata della danza, ma ho realizzato il desiderio di farla diventare una professione a circa 23 anni. Ad Arteffetto ogni insegnante con cui ho studiato mi ha trasmesso qualcosa, ma ce ne sono due in particolare che mi hanno aiutato a dirigermi verso il percorso professionale: Attilio De Gregorio, il mio primo insegnante di danza classica, che mi ha spinta a credere di più in me stessa e mi ha dato basi tecniche importanti, e Marta Melucci con la quale ho iniziato lo studio della danza contemporanea, sicuramente più adatta al mio corpo e alla mie capacità espressive.
     
  • Come si svolge la tua giornata tipo?
    Mi sveglio molto presto la mattina, non amo le giornate tutte uguali, quindi sono contenta che qui a Sitges abbiamo l’opportunità di studiare materie diverse con vari insegnanti. Normalmente arrivo a scuola alle 8.30 per scaldarmi e poi abbiamo lezione dalle 9.00 alle 13.30 o, in alcuni giorni, anche i pomeriggi fino alle 18.30. Studiamo perlopiù materie pratiche: classico, contemporaneo, tip-tap, modern-jazz e commercial dance.
    Da quando c’è il lockdown ho iniziato a praticare yoga, quindi mi dedico al saluto al sole, che ripeto 4-5 volte al mattino appena sveglia, poi faccio colazione e durante la giornata pratico pilates o seguo lezioni di danza online. Anche all’Università hanno organizzato qualcosa e sicuramente dovranno definire meglio l’erogazione delle lezioni e le modalità di svolgimento degli esami da dopo Pasqua, perchè ormai è sempre più probabile l’ipotesi di non ritornare a studiare in sede prima della chiusura dell’anno accademico.
     
  • A cosa hai dovuto rinunciare per inseguire il tuo sogno
    Ad una vita di routine, stabile, sempre uguale, ma non ho mai desiderato questo, quindi non si tratta di una rinuncia per me.
     
  • Ci racconti qualche aneddoto divertente della tua vita sul palcoscenico?
    Ad uno spettacolo dello scorso anno, nel teatro della scuola di Sitges, all’inizio della performance il mio gruppo mi sollevava in una presa e, mentre atterravo, ho sbattuto fortissimo il mento contro la testa di una mia compagna. Per fortuna indossavamo delle maschere bianche e quindi il pubblico non ha visto le nostre espressioni di dolore, entrambe abbiamo visto nero per un po’ ma poi per fortuna ci siamo riprese e abbiamo finito la performance. A fine spettacolo eravamo entrambe dietro le quinte col ghiaccio a ridere del nostro dolore...
     
  • A che cosa pensi mentre danzi?
    Durante le prove penso a più cose possibili contemporaneamente: postura, interpretazione, spazio, persone intorno a me. Nella performance è diverso. A seconda dei casi, ci sono dei pezzi in cui puoi non pensare a nulla e altri in cui devi stare concentrato su qualche aspetto chiave che ti crea difficoltà come la musicalità, lo spazio, gli incroci con le persone.
     
  • Se, per qualche motivo, non dovessi fare la ballerina, che lavoro ti piacerebbe fare?
    Mi piace molto scrivere, quindi forse la giornalista o il critico d’arte o il critico di cibo dato che adoro cucinare.
     
  • Quando pensi al tuo futuro, sei più attratta dall’idea di fare un lavoro artistico o più spaventata per l’incertezza di questo mondo?
    Io amo l’incertezza di questo mondo, sono attratta dal fare ciò che amo e non mi piace fare piani a lungo termine e il fatto di non sapere dove sarò tra 5 anni mi attira, sono contenta di non dover prendere questo impegno con me stessa.
     
  • Tra tutti i ruoli che ti sei trovata ad interpretare, qual è quello che più ti rappresenta?
    Il mio preferito è una recente performance fatta con Marta Melucci a Trieste intitolata “Noi siamo foresta”. Come si può dedurre dal titolo rappresentavamo gli alberi, con accezioni varie e siccome io ho una forte connessione con la natura, mi è venuto tutto molto naturale e spero di avere l’opportunità di ripetere questa esibizione.
     
  • Che opinione hai dei talent show?
    In Spagna non ne ho visti, conosco vagamente quelli italiani. Personalmente non mi attraggono perchè mi piace vedere le performance, invece, nella maggior parte dei casi lì si tratta di dibattiti su dinamiche personali, sono troppo incentrati sul melodramma.
     
  • Che consiglio daresti agli aspiranti ballerini?
    Fidatevi dei vostri insegnanti, siate aperti, affrontate tutto con molta curiosità e umiltà anche quando si studia una disciplina lontana dal nostro background che magari si pensa non servirà nella propria vita. Ad esempio io ho avuto l’opportunità di studiare tip-tap e commercial dance; tuttora non credo faranno parte strettamente del mio futuro ma sicuramente mi hanno aiutata a migliorare negli stili che sento più vicini alla mia personalità artistica.
     
  • Che progetti hai per il futuro?
    Laurearmi il prossimo anno e poi provare a fare più audizioni possibili perchè sicuramente si riveleranno esperienze di vita utili e divertenti.
     
  • Infine, come si può sfruttare questo periodo di chiusure forzate in positivo?
    Per noi che lavoriamo col corpo è una fortuna. Siamo i primi che possono beneficiare di eventuale tempo libero a disposizione. Io sto vivendo questo periodo più come un’occasione, che come una perdita. Consiglio semplicemente di prendersi cura di sè, ascoltare il proprio corpo e veramente rispondere secondo le richieste che vengono da dentro. E poi dedicare un po’ di tempo a cose più di svago, cose leggere (a me piace fare il solitario con le carte e dedicarmi a maratone di film o cucinare con la mia coinquilina), è un lusso che solitamente non capita.

Foto 1 e 2: Fabrizio Ruzzier.

Laura Sartori

Aggiungi un commento

CAPTCHA
Questa domanda è un test per verificare che tu sia un visitatore umano e per impedire inserimenti di spam automatici.