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Ven, 07/03/2020 - 16:29

Danza classica, Modern-jazz, Contemporanea, Afro tradizionale e Afro contemporanea...
Federica Marchesich ha approcciato fin da piccola i generi di danza più diversi, da ognuno di essi ha saputo cogliere spunti, tecnica e modalità espressive differenti, fino a trovare nella swing dance il proprio habitat naturale. E da quando ha scoperto questo mondo non la ferma più nessuno!
Frequenta assiduamente workshop e festival internazionali e soprattutto ha sentito l’esigenza di condividere con gli allievi e gli appassionati di ArteffettoDanza storia, musica, ritmo ed espressività di un movimento artistico che ormai sta prendendo sempre più piede anche in Italia.
“Ritengo fondamentale tutto il percorso fatto prima di concentrarmi sulla swing dance - racconta Federica - ogni disciplina è come un tassello di un bel puzzle che va completandosi sempre di più, continuo ad imparare ogni giorno, anche dai miei allievi. Ciascun tipo di danza mi ha dato moltissimo: il controllo del corpo, il lavoro sul ritmo, il contatto con la terra, forme di espressività legate al mondo naturale, la scoperta dell’origine del nostro rapporto con la musica attraverso il ritmo tribale, la commistione tra contemporaneo a afro... e infine lo swing, il mondo dove, più di ogni altro, ho trovato me stessa, dove si cerca un’unione viscerale con la musica, e dove l’improvvisazione fa sì che ci si avvicini sempre di più all’esplosione delle jam session”.

 

  • Che cosa ti ha spinto a diventare insegnante?
    Ballo fin da bambina e ho attraversato vari stili, ho fatto sei anni di Classico, poi Modern-Jazz, Contemporanea, Afro, Afro-contemporanea. Mi sono divertita anche coi Latino-americani, ma mi mancava qualcosa. Circa 5 anni fa ho cominciato a vedere i primi video di Lindy-Hop e ho provato con un workshop a Trieste. Sono stata rapita immediatamente dalla musica e dall’atmosfera gioiosa di questo mondo. Una cosa che mi ha colpito da subito era la possibilità di cambiare partner di danza, l’approccio social di questi balli che ti danno modo non solo di danzare, ma anche di prendere parti a serate divertenti e uniche. Mi sono appassionata a tal punto che ho deciso di fondare l’associazione Trieste Swing; nel Triveneto fino a qualche anno fa non c’era ancora nessun festival e noi abbiamo creato il primo Festival internazionale di balli swing. Poi, all’inizio del 2017 quando Corrado mi ha dato l’opportunità di portare questa disciplina ad Arteffetto, l’ho colta con piacere. Arteffetto ha dato modo di avere un centro, è sempre stata la casa della danza, un luogo dove potevano trovare dimora varie discipline, e così è stato anche per lo swing.
     
  • Che ricordo hai delle tue prime lezioni da allieva?
    A livello generale era come entrare in un nuovo mondo, arrivavo dall’Afro e quindi riconoscevo molte movenze, perchè alcuni passi di origine africana si ritrovano anche nella swing dance. In parte quindi era un terreno conosciuto, ma la musica era molto diversa, lo spirito e la storia che lo contraddistinguono erano differenti e quindi mi sono affacciata a questo stile anche con il candore e lo spirito di divertimento di una bambina.
  • Come sono state invece le tue prime lezioni da maestra?
    All’inizio ero anche un po’ spaventata, ma con molta umiltà ho cominciato a costruire questa sezione di corsi swing che ora è in salute, appassiona, coinvolge nuove persone, per cui alla fine posso dire che è stato un successo.
     
  • Anche i maestri possono imparare qualcosa dai propri allievi, ti è mai capitato?
    Sentivo i miei maestri ripetere questo discorso e ci credevo poco...
    E invece si impara davvero molto attraverso la docenza. Innanzitutto si impara a guardarsi dal di fuori. Quando balli tu come allieva c’è il tentativo di arrivare ad un ideale di bellezza che hai in testa ma è un lavoro totalmente individuale. Quando cominci ad insegnare capisci che è importantissima la tecnica perchè devi essere in grado di trasmettere passi e sequenze nel modo corretto, ma è ancora più importante che gli allievi capiscano il senso e che non ripetano come macchine ciò che stanno vedendo, che l’imitazione sia un introitare qualcosa per poi farlo proprio e restituirlo in maniera personale.
    Questo significa essere molto attenti a ciò che si trasmette affinché sia neutro, non caricato di significati legati ad una determinata interpretazione. È un lavoro molto sottile: da un lato la ricerca della pulizia, della tecnica della danza; dall’altro la capacità di suscitare negli allievi una loro espressività. Nello swing dancing io amo molto che le persone facciano proprio ciò che insegno, cerchino una sintonia con la musica per poterne gioire, apprendano ed esprimano il loro modo di vivere quella musica.
     
  • Che consiglio daresti a chi vuole tentare di diventare ballerino/a?
    Ovviamente anche nella swing dance esiste il professionismo. Ricordo che Roberto Bolle nella prima edizione di “Danza con me” ha coinvolto anche un ballerino italiano Vincenzo Fesi e un ballerino francese Remy Kouakou Kouamé, dando risalto e visibilità a due eccellenze in questo stile e in generale ad un mondo che sta entusiasmando sempre di più anche l’Italia. Io consiglierei di ascoltare moltissima musica, di appassionarsi al jazz, non solo allo swing dagli anni 20 agli anni 40, ma anche alle espressioni contemporanee. A Trieste tra l’altro c’è una bella tradizione di musica Jazz e Swing. E poi, per chi volesse intraprendere la strada del professionismo in particolare, amare innazitutto il fatto di essere parte di un tutto e cercare di parlarsi attraverso la danza.
     
  • Qual è la cosa che ti è mancata di più del tuo lavoro durante il lockdown?
    Il poter essere in classe, guardare negli occhi le persone, poter interagire... Certo puoi farlo online ma ha un altro valore e sapore. Abbiamo comunque fatto lezioni di Solo Jazz ognuno da casa propria, ma l’atmosfera, l’andare insieme sulla musica, il poter battere il tempo, il poter vivere un’esperienza collettiva è qualcosa di insostitutibile.
     
  • C’è qualcosa a cui ti sei dedicata nel periodo del lockdown e che credi continuerai a fare in futuro?
    Sono molta orgogliosa di come i miei allievi si sono avvicinati all’esperienza del Videosaggio organizzato da Arteffetto lo scorso 13 giugno. Tra loro c’erano persone che non avevano mai ballato prima di iniziare con lo Swing e che con tanta passione e abnegazione si sono adoperati per la causa, si sono buttati anima e corpo. Abbiamo registrato in sala con il distanziamento, per cui è stato anche un modo originale per riprendere le attività dopo un periodo complicato.
    A parte questo, non potendo proporre discipline di coppia, ho studiato per conto mio, confrontandomi con gruppi di lavoro e ho scoperto che i tempi sono maturi per il Solo Jazz, per cui dopo le lezioni online, stiamo proseguendo in sala con lo studio di questo stile, sia da un punto di vista tecnico che con creazioni coreografiche ad hoc.
     
  • Che progetti hai per il futuro e che consiglio ti senti di dare agli allievi di ArteffettoDanza?
    Sono già molto contenta di continuare nel solco di quanto seminato, continuare a far crescere un gruppo di appassionati che abbiano a cuore non solo i passi e le movenze ma anche un certo tipo di musica, che portino avanti questo doppio interesse. Vorrei che per gli allievi fosse una bella esperienza in grado di arricchire la loro conoscenza musicale, danzante e di vita. Poi ovviamente sogno di poter tornare appena sarà possibile a praticare il lavoro in coppia, con il Lindy Hop ad esempio, ma anche con il Balboa, lo Shag, il Blues dancing (anche in solo).
    In generale consiglio di avvicinarsi al ballo e di non lasciarlo più perchè ogni ballo è una storia d’amore che dura pochi minuti, un dialogo serrato, con un inizio, uno sviluppo e una fine. E quando i partner si ascoltano fino in fondo, si crea qualcosa di speciale, è la magia della danza.

(Photo credits: foto 1 e 4, Tadej Mulej di Piqant Photography; foto 2 e 3 Fabrizio Caperchi)

 

Laura S.

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