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Sab, 07/18/2020 - 20:16

Chi la conosce non può non amarne il sorriso contagioso, la perenne curiosità, la capacità di ripartire, rinascere e reinventarsi, ogni volta più intensa e ricca di prima.
Valentina Cantori, nata e cresciuta a Trieste, ha cominciato lo studio della danza ad ArteffettoDanza per poi proseguire a Roma con il Triennio di alta formazione (indirizzo danza contemporanea) presso la scuola Formazione Bartolomei. Nel frattempo ha conseguito la laurea in lettere e ha comincito a studiare teatro. Il dottorato in Filologia romanza le ha dato l’opportunità di trasferirsi a Tel Aviv, ma anche di approfondire nuove tecniche artistiche come la contact improvisation, il teatro danza e il linguaggio GAGA. Stabilitasi a San Paolo in Brasile dal 2017, Valentina, oggi più che mai, esprime una personalità artistica a tutto tondo, con lo sguardo rivolto alla letteratura, al teatro - anche in veste di regista - e ovviamente alla danza, trait d’union fondamentale del suo essere e del suo credo artistico.

 

  • Valentina, che cos’è per te la Danza in una parola?
    Presenza.
     
  • Quando ti sei innamorata dell’arte coreutica e in che momento hai capito che sarebbe diventata parte integrante del tuo lavoro?
    L’innamoramento avviene ogni volta che salgo su un palcoscenico, questa sensazione di necessità di movimento e di arte si rinnova sempre. Ho capito abbastanza “tardi” che sarebbe diventata parte del mio lavoro, verso i 20 anni, quando ho cominciato ad avvicinarmi ad altre tecniche come il contemporaneo, la contact improvisation, il teatro danza, quando ho visto che c’erano moltissime possibilità di ricerca del movimento.
     
  • Ci racconti com’è stata la tua prima volta sul palcoscenico da professionista?
    Non ho un ricordo preciso perchè spesso il lato professionale si è mescolato al piacere di stare sul palco. Ad esempio già quando ho partecipato a diversi spettacoli con Arteffetto Danza ho percepito molta professionalità e la sensazione dominante era sempre la stessa: un grande impegno, un coinvolgimento molto profondo, come se partecipassi ad una cosa grande che non finisce nel momento dell’esibizione, che lascia un segno nella vita di tutti.
     
  • A che cosa stai lavorando in questo periodo e come si svolge la tua giornata tipo?
    La danza continua come filo conduttore che traccia il percorso della mia vita, però ha portato ad altre cose, ad esempio a conoscere il teatro e da quest’anno frequento un corso di regia alla SP escola de teatro di San Paolo, perchè mi sono resa conto che non mi interessava solo l’uso della voce e l’espressione del corpo, ma anche vedere l’esperienza teatrale come un tutt’uno, con un inizio, uno sviluppo e delle possibili conclusioni. Ci sono momenti teorici ma anche momenti molto pratici in cui dobbiamo inscenare linee di studio o dirigere attori, pensare alle luci ecc. La scuola è di pomeriggio, la mattina invece do lezioni di italiano oppure faccio traduzioni di opere letterarie o poesie dall’italiano al portoghese e viceversa. Ora che stiamo attraversando quest’emergenza, mantengo l’abitudine di svegliarmi presto, faccio un po’ di meditazione, e poi lavoro da casa scrivendo testi per la scuola di teatro, faccio lezioni di yoga online, guardo video di danza e di teatro.
     
  • A cosa hai dovuto rinunciare per inseguire il tuo sogno?
    Non ho fatto vere e proprie rinunce, ma ci sono molti ostacoli che arrivano soprattutto dai messaggi della politica, che mostra l’arte come se fosse un qualcosa di accessorio, che riempie il tempo libero. Invece l’arte, la danza, il teatro sono un diritto fondamentale, non un passatempo. Le difficoltà riscontrate e che tutt’ora affronto sono di tipo economico, proprio a causa di questo modo di intendere il mondo dell’arte, quindi servirebbe un cambio di mentalità globale, ma non è facile.
     
  • Ci racconti qualche aneddoto divertente della tua vita sul palcoscenico?
    Quando studiavo danza a Roma presso la Formazione Bartolomei, ho preso parte allo spettacolo dell’ultimo anno nel quale avevamo deciso di testare i nostri limiti mettendo in scena un’improvvisazione di movimento e parole. C’era un’ossatura minima dello spettacolo, ma non esisteva una coreografia. Ad un certo punto le persone hanno cominciato ad uscire e, non so come, mi sono ritrovata da sola sul palco. Ero terrorizzata, non sapevo cosa fare... alla fine l’adrenalina di dover confrontarmi con una situazione completamente nuova mi ha aiutata, ho concluso augurando cose positive al pubblico e ho chiesto a loro di fare lo stesso con me. Per fortuna varie persone mi hanno risposto e non sono rimasta sola...
     
  • A che cosa pensi mentre danzi o reciti?
    In verità penso all’adesso, più che pensare forse sento.
     
  • Il tuo lavoro è prettamente artistico, è più forte il privilegio che senti o la paura per il futuro?
    Penso che qualsiasi lavoro comporti delle incertezze economiche. Mi sento più privilegiata perchè attraverso queste pratiche artistiche riesco a dedicare molto tempo a me stessa e questo mi porta un po’ di tranquillità.
     
  • Tra tutti i ruoli che ti sei trovata ad interpretare, qual è quello che più ti rappresenta?
    Mi riconosco molto nell’ultimo ruolo di uno spettacolo che ho creato con una collega (e che vogliamo riprendere non appena sarà terminato questo periodo di emergenza), OFF ELA, ispirato al personaggio di Ofelia di Shakespeare, perchè deve confrontrasi costantemente con l’ambiente esterno e spesso sono circostanze che opprimono.
     
  • Che opinione hai dei talent show?
    Le persone che partecipano sono qualificate ma l’uso dell’arte proposto è sbagliato; tutto viene semplificato, c’è più spazio per le tensioni comportamentali che per la danza.
     
  • Che consiglio daresti agli aspiranti ballerini/attori/performer di domani?
    Di non aver paura, di non lasciarsi intimorire dagli ostacoli. Ogni periodo storico comporta delle nuove difficoltà; la chiave è cercare di capirle e di trasformarle in energia creativa.
     
  • Infine, come hai raccontato anche tu, le chiusure forzate per l’emergenza da COVID-19 ci stanno costringendo a ripensare alla nostra quotidianità. Come si può sfruttare questo periodo in positivo?
    Non ostinarsi a cercare delle risposte perchè molte cose non si possono sapere, cercare di vivere con tranquillità questo tempo che siamo stati obbligati a prenderci, rallentare un po’ i ritmi se possiamo e approfittare per ripensare alle nostre relazioni, desideri, stabilire un dialogo maggiore con le persone vicine. Consiglio soprattutto di cominciare cose nuove, perchè credo sia sempre un modo per portare freschezza al presente. Non pensare solo che si tratta di una clausura forzata, ma di un momento in cui si possono fare delle scoperte, ad esempio cominciare ad ascoltare musica nuova, vedere più spettacoli, partecipare a corsi online di danza o yoga, aprirsi a nuovi stili e linguaggi per mettersi in gioco. Siamo nelle nostre case e ci sentiamo al sicuro, ma abbiamo bisogno di sfide costanti per sentirci presenti.

Laura Sartori

(Foto di Rafi Sousa e Anna Jabur)

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